lunedì 16 gennaio 2012

Quello che ci fanno le idee semplici e grandi

Kurt Vonnegut, nel 1965, agli autori di fantascienza diceva:
Vi amo, figli di puttana. Voi siete i soli che leggo, ormai. Voi siete i soli che parlano dei cambiamenti veramente terribili che sono in corso, voi siete i soli abbastanza pazzi per capire che la vita è un viaggio spaziale, e neppure breve: un viaggio spaziale che durerà miliardi di anni. Voi siete i soli che hanno abbastanza fegato per interessarsi veramente del futuro, per notare veramente quello che ci fanno le macchine, quello che ci fanno le guerre, quello che ci fanno le città, quello che ci fanno le idee semplici e grandi, quello che ci fanno gli equivoci tremendi, gli errori, gli incidenti e le catastrofi. Voi siete i soli abbastanza stupidi per tormentarvi al pensiero del tempo e delle distanze senza limiti, dei misteri imperituri, del fatto che stiamo decidendo proprio in questa epoca se il viaggio spaziale del prossimo miliardo di anni o giù di lì sarà il Paradiso o l'Inferno.

(da Dio la benedica, Signor Rosewater)
Ora, io penso che un buon appassionato di fantascienza, anche dopo che ha conosciuto – chessò – I fratelli Karamazov, non possa mai e poi mai diventare un ex appassionato di fantascienza. E quindi oggi è un giorno triste, per ogni buon appassionato di fantascienza che s'affacci sulla metà dei trenta o quarant'anni, almeno. Perché quand'eravamo ragazzini, forse ancor prima di arrivare a Philip K. Dick o a Gibson, cioè a quegli autori che rimangono sullo scaffale del salotto anche dopo che il buon appassionato di fantascienza ha preso altre vie, altre letture, altra letteratura, ancor prima di arrivare lì, forse, c'erano per noi, sì, gli Asimov e i Clarke, ma c'era soprattutto Urania. E Urania aveva, negli anni '80, un famoso direttore coi controcoglioni, uno abbastanza pazzo per capire che la vita è un viaggio spaziale, uno che aveva abbastanza fegato per dire che:
basta uno sciopero aeroportuale, un ingorgo sull'autostrada, per far pronunciare da milioni di persone sbigottite la domanda Ma qui dove andremo a finire? È l'anticamera della fantascienza.

(da I ferri del mestiere. Manuale involontario di scrittura con esercizi svolti, 2004)
Anche se non ne ha mai veramente scritta, di fantascienza, quel famoso direttore di Urania, secondo me, entra a pieno titolo nell'olimpo degli autori di fantascienza. Ogni buon appassionato che si rispetti, e che mai e poi mai diventerà un ex appassionato, lo ricorderà, ora e sempre, con gratitudine infinita.

Quindi ciao, Carlo, fai buon viaggio.
E grazie di tutto, figlio di puttana.

1 commento: