mercoledì 18 gennaio 2012

Gli antieroi: Kim Collins, l'ultimo velocista

Io allo sport non ci credo più. Da piccolo ci credevo, ciecamente. Credevo che allenandosi duramente ed essendo magari predisposti, si potessero fare dei risultati straordinari e che quindi il più bravo vincesse sempre. Credevo che lo sport trasmettesse dei valori. Ci credevo, insomma.

Poi, pian piano, scoprimmo il doping, le scommesse e tutte quelle robe lì. Ricordo che un amico una sera, mentre discutevamo su quale sport ci piacesse di più, mi disse "Io non seguo lo sport, io guardo solo il wrestling". Sul momento la frase mi fece ridere tantissimo, pensai di avere di fronte uno eccentrico e anche un po' scemo. Oggi, che non credo più a un risultato, guardo anch'io lo sport in quel modo lì, quando capita. Come uno spettacolo, come se fosse un film del quale non conosco la fine e fin quando non conosco il regista, spero sia un bel film. Come il wrestling, appunto.

Il doping, per quelli della mia generazione, aveva la faccia di Ben Johnson. Rimanemmo stupefatti dal record mondiale di Roma, sembrava fantascienza. Rimanemmo stupefatti anche da quello di Seul, quel 9:79 che sembrava portare l'uomo dentro a una nuova dimensione. Poi arrivò la squalifica per doping. Il mondo intero sembrava volesse fare una super pulizia di tutti gli atleti sporchi, ma alle stesse olimpiadi applaudiva con una punta di sospetto Florence Griffith, che correva come un motorino sorridendo, mentre le altre facevano una fatica della madonna.

E via così, ogni anno c'erano una o due squalifiche per doping e c'erano tempi sempre più sospetti. Atleti che facevano i loro record personali a trentacinque anni, finali dei 100 metri dove in semifinale non ce n'era uno che corresse sopra i 10 secondi.

Poi, nel 2003, successe un fatto strano. Probabilmente ci sono dei momenti nella storia nei quali la lotta al doping sembra vincere, per poi dovere arrendersi di nuovo, visto che in tutto il mondo la polizia arriva sempre dopo che è stato commesso il delitto. Fatto sta che, non si sa bene come, ai mondiali di Parigi ci fu un certo Kim Collins che vinse il titolo mondiale. Non era supermuscoloso e pompatissimo come quelli di solo due anni prima, era di un paese chiamato St.Kitts & Nevis, che contava meno abitanti dello stadio dove si stava svolgendo la gara.

Kim Collins correva in prima corsia. Vinse con un tempo di 10:07, un tempo che sembrava ripescato dalla fine degli anni '70.

Tutti si soffermarono sul fatto che veniva da un piccolo arcipelago tropicale, che alcuni dipinsero come una remota isoletta tutta noci di cocco e spiagge e invece è un paradiso fiscale dei più carogna su questa terra. Altri, più tecnici, fecero notare che la prima corsia era quella riservata ai più scarsi, di solito.

Notando il tempo, alcuni parlarono di una fase di stallo nei 100 metri, un momento nel quale evidentemente non si riuscivano a trovare atleti di rilievo e cose così. In pochi andarono a vedere che nei 200 metri maschili si vinse con il tempo di 20:30, nei 400 metri con il tempo di 44:77, che nella staffetta 4x100 il tempo degli USA, medaglia d'oro, fu superiore ai 38 secondi.

Insomma, i tempi erano alti. In qualche gara vinse qualcuno che non aveva mai vinto, facendo il record nazionale e battendo nomi più blasonati.

...

Non passò tanto prima che si ritornasse alla "normalità". Due anni dopo Gatlin vinse l'oro ai mondiali con 9:88, i 400 tornarono sotto i 44 secondi e così via.

Collins nel 2005 arrivò terzo ai mondiali con 10:05.

...

Oggi siamo di nuovo agli Usain Bolt, che il tempo non me lo ricordo neanche perché sembra che gli abbiano messo un missile nel sedere. Ma vedrete che prima o poi tornerà ad esserci un'edizione dei mondiali o delle olimpiadi dove si tornerà a vincere una medaglia d'oro intorno ai 10 secondi. Quando vi capiterà, godetevela. State assistendo ad un evento storico, anche se il cronometro vuole farvi credere il contrario.

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