giovedì 30 dicembre 2010

Dieci momenti barabbisti del duemiladieci secondo il Many

(siparietto emo)

* La prima volta che ho letto di mio nonno in pubblico, che poi era la prima volta in assoluto che leggevo in pubblico, a Bologna, in mezzo a un campo vicino alla tangenziale, c'era il festival delle culture antifasciste e facevamo Schegge di Liberazione per la seconda volta, avevo un foglietto in mano e mi tremavano le gambe.
* Il WriteCamp alla BlogFest, una specie di Cabaret Voltaire dell'editoria digitale, l'elogio leonardesco e il link di Mantellini. Son cose.
* Conoscere l'elena, al Mattatoio, alla prima di Schegge di Liberazione, e dopo trenta secondi buttarla sul palco a leggere. E l'ukulele di Simone Rossi e il contrabbasso di Bicio, cose che mai più senza.
* Conoscere Ilke Bab un po' per caso. Una di quelle conoscenze che ti aprono la testa in due.
* Quella volta che a Simone Rossi gli han chiesto “Anche tu sei un barabbista?” e lui ha fatto sì con la testa, con quel suo sorrisone giapponese che fa sciogliere le pietre.
* La felicità del dulinizo nello scoprire che, all'insaputa dell'autore, gli avevamo confezionato un ebook.
* I nasi rossi durante le Cronache di una sorte annunciata, Calamelli che ci fotografa, Leonardo che infiamma le folle.
* La benedizione di Sir Squonk.
* Scoprire che se conosci un blogger quello non è che ti allunga la mano e la stringe piano, no, quello ti guarda e ti abbraccia. Tra blogger ci si tocca un casino.
* La Grecia dei benty.

(e Cerreto, il Pigneto e le Mura e il roghenroa e la macchina di Mod, l'abominevole Perugia, la Venezia ser(en)issima, Radio Kairos e il colonnello Buonasera, il Meme con la neve, Milano con la nebbia, ma avevamo detto dieci e sto barando)

(chiuso siparietto emo)

martedì 28 dicembre 2010

lunedì 27 dicembre 2010

A tavola con Tiziano Fiorveluti: Bresaola che sembra una roba seria per due

Comprate la bresaola più buona che riuscite a trovare. Un etto e mezzo a testa. Costa l’ira di Dio, la bresaola, anche se c’è scritto Valtellina e in realtà è Valpanaro.
Mettete due mazzi di asparagi a bollire in abbondante acqua salata. Gli asparagi vi faranno venire la pipì che puzza. Fateci caso ogni volta che andate in un bagno di un ristorante dove in un cenone si servono asparagi.
Preparate due uova sode. Prendete due belle uova grosse, di quelle che al supermercato ti fanno capire subito che i polli sono bombardati di luce perché rendano meglio, neanche fossero Varenne.

Tagliate a pezzettini piccoli gli asparagi, dopo averli scolati. Uniteli in una ciotola con le uova sode. Aggiungete olio e aggiustate di sale e pepe, poi mescolate fino a ottenere una specie di composto verde e giallo. Stendete la bresaola nel piatto e adagiateci delle scaglie di grana. Un filo d’olio a crudo, poi nel mezzo del piatto versate il compostazzo di asparagi e uova.

Scaldate delle fette di pane, tipo bruschetta. Se volete fare i rustico-enotecofighetti, ammollate delle friselle pugliesi. Tappatevi il naso quando pisciate, il giorno dopo.

domenica 26 dicembre 2010

Marco Manicardi, Op.1 (Edgard)

Marco Manicardi, Op.1 per voce e sirene (Edgard)

Testi e musiche : Marco Manicardi
Voce: Elena Marinelli
Sirene: Mod, Vincio, Fatacarabina
Composizione e montaggio: Marco Manicardi

[mp3] Marco Manicardi, Op.1, Edgard

venerdì 24 dicembre 2010

Il Babbo Natale in borghese

Qualche ora fa stavo portando in giro il cane e ho pestato una merda di cane, non del mio, di un altro cane. Come tradizione, almeno mia, e lo faccio sempre quando succedono queste cose, ché non ho mai creduto a tutte quelle balle che pestando una merda si diventa fortunati, ho bestemmiato.

C'era un signore con la barba, sembrava Babbo Natale in borghese, o almeno come uno può immaginarsi Babbo Natale in borghese, ché io non ci ho mai creduto a tutte quelle balle di Babbo Natale, e mi ha detto che mi dovevo vergognare, che bestemmiare e nominare il nome di Dio invano era peccato e che secondo lui ero una brutta persona.

Allora io, mentre mi pulivo la scarpa sull'erba, son partito con uno di quei discorsi finti e improvvisati che la prima volta che li fai sembrano tanto naturali e convincenti che ti vien poi da ripeterli, la volta dopo, se capita, ma non ci crede mai nessuno, dalla seconda volta in poi. Mi scusi, ho detto al Babbo Natale in borghese, mi scusi davvero, ma secondo me non ho nominato il nome di Dio invano, anzi, mi vien da pensare che, dato che mi professo orgogliosamente ateo e avverso a ogni religione, mi vien da pensare che bestemmiando io, implicitamente, ammetto l'esistenza di un Dio che normalmente nego e quindi, guardi, secondo me la mia bestemmia è addirittura una preghiera, un modo per colmare il vuoto, e mi vien da dire che è una grande vittoria per la Chiesa Cattolica Apostolica Romana, una vittoria spiazzante.

Il Babbo Natale in borghese mi ha guardato e si vedeva che sulla sua testa c'era un punto di domanda gigante, e mentre con una mano si grattava la nuca e con l'altra si toccava la barba mi ha detto va bene, non so, non capisco, mi ha detto, comunque tanti auguri e buone feste. Auguri anche a lei, gli ho risposto. E il Babbo Natale in borghese sembrava soddisfatto. Sorrideva. Ecco, mi son detto, ecco lo spirito del Natale.

Poi mi son guardato la scarpa sporca di merda. E così, senza pensarci, son tornato a bestemmiare, ché io non ci ho mai creduto a tutte quelle balle del nome di Dio invano.

________

E comunque, amici dell'internet, a nome di tutto Barabba, auguri.

mercoledì 22 dicembre 2010

martedì 21 dicembre 2010

A tavola con Tiziano Fiorveluti: Uova al tartufo

Fatevi regalare da una zia ricca (quella di Filini, avete presente?) del Tartufo Nero particolarmente buono. Direte poi alla zia ricca quanto fosse buono quel tartufo, così che possa regalarvelo ogni anno nella giusta stagione. Ogni volta ricordatele del tartufo, sempre di più proporzionalmente con l'età. Ne farete ciniche scorpacciate e rischierete addirittura di ereditare senza che lei non si ricordi di voi e lasci tutto al suo yorkshire terrier.

Fate due uova al tegamino. Non aggiungete niente, neanche il sale. (A dire il vero se volete rovinare tutto con il sale siete liberi di farlo, purtroppo siamo un paese libero). Impiattate.

Grattate il tartufo nero sulle due uova calde, a scagliette. Coprite immediatamente con un altro piatto, in modo che l'aroma tartufesco non scappi. Se avete quei cosi d'argento (fateveli regalare dalla zia ricca di Filini) siete a posto.

Attendete 60 secondi, poi scoperchiate e mangiate. Lentamente, assaporando ogni delizioso boccone. Fate il calcolo di quello che vi siete mangiati in termine di cifre, sedetevi su una sedia e riflettete.

lunedì 20 dicembre 2010

Pensieri in apnea: un ebook

Si potrebbe dire che talvolta il Dulinizo abbia la testa tra le nuvole, ma non è corretto: il Dulinizo ha la testa nell’acqua e, come disse Giovanni Verga, chi cade nell’acqua è forza che si bagni.
Il feuilleton che vi accingete a leggere è il risultato di un viaggio dantesco, dagli spogliatoi della piscina comunale di Carpi (MO) al mare nostrum ravennate, che l’autore ha intrapreso dalla fine del 2009 alla metà del 2010 con l’unico e nobile scopo di ripulirsi mente, anima e organismo. Mens sana in corpore sano, diceva quello.

(dall'introduzione a Pensieri in apnea, di Carlo Dulinizo, Barabba Edizioni, 2010, pagg. 76, 0 euro)

Oggi, 20 dicembre 2010, è il trentunesimo compleanno del buon Carlo Dulinizo, barabbista della prima ora, vincitore di concorsi letterari, lampadiniere, magazziniere, poeta e gran brava persona. Così, tanto per cambiare, abbiam pensato di raccogliere i suoi Pensieri in apnea e di farci un ebook. Lui ancora non lo sa.

Si scarica qui in formato pdf e qui in formato epub.

E ora diciamo tutti insieme: Tanti auguri, Dulinizo!

domenica 19 dicembre 2010

Tagli

La prima cosa che ho detto quando mi hanno rianimato, in sala operatoria, al risveglio dall'operazione per un'ernia ombelicale di cui avevo avuto una paura boia, con un taglio verticale nella pancia e la testa ancora ammorbidita dalla sbornia dell'anestesia totale, è stata “Sto benissimo, son proprio contento di pagare le tasse”.

sabato 18 dicembre 2010

Cinquantamila lire

Io vorrei raccontare la storia di quelle cinquantamila lire che mi aveva dato per Natale mia bisnonna, che si chiamava Galavotti Angiolina, prima il cognome e poi il nome, come d’uso tra la gente nata povera e mezzadra, specie nel 1905, anno di nascita, appunto, di Galavotti Angiolina, detta Bionda forse per il colore dei capelli, non si sa, e non se lo ricorda più nessuno, io li ho sempre visti bianchi, quei pochi capelli.

Vorrei raccontare di quelle cinquantamila lire e di come le avevo spese per comprare un chiodo, perché ero improvvisamente diventato, a dodici o tredici anni, un metallaro per via del fatto che era uscito questo disco che si chiamava Fear Of The Dark, e i miei amici me l’avevan regalato per il compleanno visto che non sapevano cosa regalarmi, e non avrebbero mai immaginato che mi sarei trasformato all’istante in un metallaro.

Vorrei raccontare che quelle cinquantamila lire mia bisnonna Bionda, Galavotti Angiolina, me le aveva regalate per Natale in una busta bianca senza scritte, perché dopo tanti anni che non scrivi, quando poi neanche l’hai mai saputo fare troppo bene, non ti ricordi mica come si fa, e me le aveva regalate, quelle cinquantamila lire nella busta bianca senza scritte, perché non sapeva cosa regalarmi, la Bionda, Galavotti Angiolina, che era nata in un mondo diverso, diceva, e non ci capiva mica niente di come era diventato adesso, il mondo, se ancora si poteva chiamare mondo, diceva sempre, e allora io, con quelle cinquantamila lire lì, avevo iniziato il mio processo di metallarimento.

Avrei voluto poi raccontare che dopo quelle cinquantamila lire lì, mia bisnonna Bionda, Galavotti Angiolina, non mi aveva dato più neanche un soldo, perché secondo lei con quel giubbotto, che le dicevo sempre che si chiamava chiodo, ma lei non capiva perché bisognasse dare il nome di un chiodo a un giubbotto e lo chiamava giubbotto, con quel giubbotto e con quei capelli lunghi lì, secondo lei facevo schifo.

Volevo raccontare delle cinquantamila lire che avevo speso per comprare il chiodo, ma poi è andata a finire che, così come mi ero metallarizzato, mi son poi demetallarizzato quando ho ascoltato questo disco che si chiamava In Utero, e lì è cominciato il mio processo di rockenrollamento che mi ha portato sempre più in là, finché un giorno quel chiodo, dopo che non ci avevo fatto aerografare la scritta “IRON MAIDEN” perché ero giovane e senza soldi, visto che la Bionda, Galavotti Angiolina, di soldi non me ne dava più, dopo che non ci avevo fatto aerografare “NIRVANA” nel mio periodo grunge perché non avevo voglia di farlo, disperso com’ero nel menefreghismo grunge, dopo che non ci avevo fatto aerografare “DISCHARGE” nel mio periodo hardcore perché mi son dimenticato di farlo, dopo che ho capito che se ci facevo aerografare “RADIOHEAD” ero uno sfigato, un giorno, dicevo, il chiodo l’ho messo in un armadio e non l’ho più tirato fuori. E già che c’ero mi son tagliato anche i capelli, belli corti, con la chioma fluente e orribile che è rimasta tutta sul pavimento del barbiere.

E della storia che volevo raccontare delle cinquantamila lire che la Bionda, Galavotti Angiolina, mia bisnonna, mi aveva regalato per Natale e che io ho usato per comprare un chiodo che poi ho messo nell’armadio quando mi son tagliato i capelli, e di come mia bisnonna Bionda, Galavotti Angiolina, avesse poi ripreso a darmi dei soldi della sua pensione dal primo Natale in cui avevo poi i capelli corti e non facevo più schifo, secondo lei, anche se dopo poco tempo è morta, perché così è la vita, specie per una nata nel 1905, anno di nascita, appunto, di Galavotti Angiolina, detta Bionda, ecco, forse, di quella storia lì, non gliene frega niente a nessuno. E allora non la racconto. Però secondo me è un peccato.


(è uscito ieri sul PslA)

venerdì 17 dicembre 2010

Il saluto dell'autorità

(questo post è programmato. In questo momento stiamo leggendo Cronache di una sorte annunciata al Meme di Carpi. Qualche ora fa, alle 17, da un'altra parte sull'internet, invece, è uscito il Post sotto l'Albero, un ebook collettivo vagamente natalizio curato da Squonk. Scaricàtelo, è gratis. I due eventi, ovviamente, mi vien da dire, e forse l'ho già detto da qualche parte, sono parenti. E in questo stesso istante, al Meme di Carpi, sto leggendo il saluto che Squonk ci ha inviato. Dice così:)

Qualche mese fa, era il 24 aprile, stavo a Carpi. Che io a Carpi non ci ero mai stato, e infatti nella gara a chi si avvicinava di più al vero numero dei suoi abitanti arrivai terzo. Su tre, chevvelodicoaffa'. Comunque, dicevo: ero a Carpi, avevo conosciuto da poco un ingegnere (che già quello significava far giornata), mi ero fermato a guardare un'insegna del Partito Repubblicano, avevo fatto quattro conti per comprar casa in centro, poi una pizza e una birra e poi un'altra birra e morale ero al Mattatoio a sentire un'amica che leggeva quattro righe che avevo buttato giù qualche tempo prima, lei aveva la voce ansiosa e io ero sudato per tutti e due.
Le cose che vennero lette quella sera stavano dentro un libro, e quel libro qualcuno di voi lo conosce. Col tempo compresi che quel libro e quello che gli sarebbe venuto appresso, quelle letture, e quella sera e quelle che sarebbero seguite venivano da molti posti e persone e cose diverse, e che tra esse c’era una roba piccola nata otto anni fa, una roba fatta tra amici, una roba che a ben vedere con le schegge e con le cronache non c’entra nulla se non per lo spirito. Questa roba si chiama Post sotto l’Albero, è uscita qualche ora fa: ha lo stesso carattere di chi la mette in piedi, se ne sta per conto suo, nelle feste si sente un po’ a disagio; però ha la sua manciata di persone alle quali tiene, e qui stasera ce ne sono due o tre, e uno è quello che sta leggendo queste righe, uno che se lo conosco adesso si sta vergognando come un ladro però è anche contento. Beh, niente, insomma, a me un po’ dispiace non esser lì a chiudere il mio cerchio del 2010, a Carpi, ma al tempo stesso fa pure piacere che la scena sia di chi la sa tenere e lo merita e lo ha dimostrato (ché, come si sa, i discepoli son fatti per superare i maestri). E allora bon, state bene e godetevi la serata, godetevi l'aria sospesa delle cose finite e delle cose non ancora iniziate, come se fosse venerdì sera, come se fosse estate. C’m on.

giovedì 16 dicembre 2010

Sigarette spente (2)

Qui nella biblioteca della Sala Borsa c'è un signore, si chiama Gianni, è quello che si potrebbe definire un habitué della biblioteca.
Se passi un pomeriggio qua dentro, prima o poi lui ti incontra.
Ti incontra, sì, perché lui in biblioteca cammina, cammina moltissimo. Pensa, osserva i libri, gli scaffali, le persone, e guarda anche qualcosa che vede solo lui, ma sembra vederlo così bene quel qualcosa, che io non mi sento di dire che non esiste, quel qualcosa che vede Gianni, anzi, piuttosto mi viene da chiedermi cosa sarà, quel qualcosa che lui conosce e noi, invece, no.
Ieri Gianni era seduto ad un tavolino della pasticceria che c'è qui dentro alla biblioteca.
Per chi non la conosce, la biblioteca della Sala Borsa, a Bologna, è una biblioteca parecchio grande, con un atrio centrale molto spazioso dove la gente si incontra, si collega alla rete wireless del comune, osserva i resti del cardo e del decumano che stanno sotto al pavimento di vetro, si scalda, dà un occhio alle esposizioni temporanee che ci sono ogni tanto, si riposa, cucca... insomma, un posto vivo.
Per qualche tempo c'è stata anche una libreria, poi l'hanno tolta. In effetti era un po' strano che vendessero dei libri dentro ad un posto dove i libri si prendono in prestito e poi si riportano, gratis. Poi, a dirla tutta, io qualche libro ce l'avevo pure comprato, perché a casa ho ancora la tesserina fedeltà di quella libreria.

Ieri, dicevo, Gianni era seduto ad un tavolino lì nell'atrio, ed era l'unico tavolino con delle sedie libere.
Marta era uscita a comprare le sigarette e io volevo approfittare di quei dieci minuti per controllare delle mail.
Allora, invece di andarmi a sedere per terra, appoggiata al muro, ho chiesto a Gianni se potevo sedermi lì, vicino a lui.
Lui mi ha guardato come se dovesse prima avvertirmi di una cosa importante, poi mi ha detto: Ma io sono un poeta, lo sai questo?
Ho sorriso.
No, non lo sapevo che sei un poeta, so solo che ti chiami Gianni, perché un giorno mi hai salutato e ti sei presentato.
E lui ha continuato, come se non mi avesse ascoltato per niente.
Io sono un poeta bimba, quindi se ti siedi qui devi sapere che io dopo ti regalo una stella, te la lascio nel cielo stanotte, appena vien notte, e poi tu la prendi, la metti in tasca, e dopo ce l'hai sempre, la usi ogni volta che hai bisogno di una luce.
Bam!, ho sentito, al cuore: Bam!, un battito più forte, un'aritmia evidentissima, non un infarto, un'emozione, forte. Ho continuato a sorridere, di più, e oltre alla mimica è arrivato anche il suono del sorriso, quel suono che fa l'aria che esce dal naso quando la bocca non è spalancata.
Perché non era una risata aperta aperta, come me ne vengono a volte, era proprio un sorriso, più gentile di una risata.
Grazie, gli ho detto, è un pensiero molto bello.
Tu, sei molto bella, mi ha detto lui, mi ricordi Patty Pravo, No ragazzo no, no ragazzo no, del mio amore non ridere... La conosci, la conosci? Oh, il miiiio ragazzo, invece, ha riiiiso! E lì Gianni ha iniziato a parlare come se stesse recitando. Il miiiio ragazzo, beeeello, un uomo, beeeello, ah, se l'avessi visto! Ma lui, lui ha riiiiso! Del mio amore! Ha riso!
Schhhhhh, fai piano, gli ho detto, fai piano che ci sono le guardie, aspetta un attimo. Ho acceso il portatile, ho aperto iTunes e gli ho messo, a volume basso, Patty Pravo, La Bambola. Senti, ascolta Gianni. E ci siamo messi a cantarla piano tutti e due, lì sul tavolino della pasticceria della Sala Borsa.
L'abbiamo cantata tutta.

Quando mi ha salutato mi ha detto di ricordarmi della stella, che nel cielo c'era sul serio una stella per me, e poi si è allontanato, con le sue tre buste di plastica piene di non so che cosa.
Dov'è che vai?, ho avuto la curiosità di chiedergli mentre andava via.
A Monaco tesoro mio, a Monaco! Vado a riprendermi il mio amooore!
E mi ha tirato un bacio con la mano.

Io gli ho fatto Sì con la testa e ho continuato a guardarlo con lo sguardo più dolce che mi riusciva.
Poi ho riabbassato gli occhi sul portatile e ho visto che c'era iTunes che ancora andava. Ho alzato un po' il volume e la canzone faceva così: “perché se una rosa è una rosa da quando c'è il mondo io devo cambiare, perché se il mare e il cielo e il sole e il vento non cambiano mai, perché se l'amore è l'amore da quando c'è il mondo io devo cambiare, perché ci son già tante cose che stanno cambiando, l'amore non può”.

Pino Donaggio L'ultimo romantico, sento dire all'improvviso da dietro la mia sedia: è Marta. Mi giro e me la trovo lì, alle spalle, che legge sulla schermata di iTunes. E continua: Ma chi cazzo è Pino Donaggio, Ilke? Ma che cazzo di musica ascolti?
Niente Marta, lascia stare, lo dico sempre che mi vergogno di più a far vedere il mio iPod che la mia biancheria intima.
Ah, fa' te, e ci credo, fai bene! E allora, le mail? Chi t'ha scritto, robe importanti?
No, cioè sì, cioè, da Monaco, mi mandano delle stelle.

Un pugno (o un duomo)

Una volta a me mi han tirato un pugno mentre salivo sull’autobus, perché per sbaglio avevo infilato la mano nella tracolla della cartella di uno, quello che poi mi ha tirato il pugno. E insomma, poi quell’uno s’è dileguato tra la folla della stazione delle corriere e io son rimasto lì con la gengiva sanguinante, lì come un fesso che cercavo di capire cosa stava succedendo. E niente, non ho mai più preso un pugno, poi, dopo, in vita mia. Ma tutte le volte che vedo una folla e un pugno che parte (o un duomo) mi viene in mente quell’episodio lì. E mi capita di impersonarmi per un microsecondo col ricevente del pugno (o del duomo). E quindi ieri per un microsecondo sono stato Berlusconi. Non ho ancora capito come devo prenderla, questa cosa.

(l'avevo scritto circa un anno fa su FriendFeed. Pensa te, è passato un anno, ma non ho ancora capito come dovevo prenderla, quella cosa)

martedì 14 dicembre 2010

Biografie essenziali (98)

Luigi XVI di Borbone, detto il Desiderato, il 14 luglio del 1789 scrisse sul diaro: «Rien».

lunedì 13 dicembre 2010

Il più bel romanzo d’amore che nessuno legge

Barabbisti, lettori carbonari, digeritori dell’indigeribile: il romanzo allegorico medievale aspetta solo voi. Sabato 18, ore 16:30, biblioteca di Correggio, Cosimo Frittere legge e commenta il Roman de la Rose. E si comincia così: ‘Maintes genz cuident que en songes / N’ait se fable non et mençonge’. Clic.

Scene da un autotrasporto

Gli autisti dei container, salvo rarissime eccezioni, non ti ascoltano quando gli parli. Questo, a dire la verità, accade per la maggior parte degli autisti, ma quelli dei container risaltano, soprattutto nella fase di consegna dei documenti. Firmano distrattamente, dopodiché c’è un solo modo perché non se ne vadano: consegnare loro la lettera di vettura che ti hanno dato in precedenza come ULTIMO DOCUMENTO. Altrimenti, appena hanno quella in mano, se ne vanno. A volte ti chiedono “Tutto a posto?”, ma in realtà non ascoltano la risposta. Infatti la scena tipo è

“Tutto a posto?”
“Un attimo, le devo timbrare le fatture”
“Va bene, allora ciaoooo” (se ne va)
“OOOOOOHHHHH! LE FATTUREEE!”

Abbiamo iniziato a fare la prova del nove. Quando chiedono “Tutto a posto?” con la lettera di vettura in mano, diciamo frasi del tipo “L’Olanda è per gran parte sotto il livello del mare” oppure “Comprami il nuovo album degli Slayer”, oppure “Nel pane azzimo non c’è il lievito”.

Solo uno su cinque, stamattina, ci ha detto “Ma che cazzo state dicendo?"

domenica 12 dicembre 2010

Son fatto così (4)

Son fatto che se c'è una cosa bella, e magari l'ho organizzata anch'io, o ho partecipato nell'organizzazione, e che magari dura dei giorni, e c'è il giorno che avevo previsto che questa cosa bella avrebbe toccato il suo apogeo, quando arriva quel giorno lì, nel momento preciso in cui la cosa bella è arrivata al suo apogeo, un secondo prima che la stessa cosa bella cominci ad assestarsi o magari a scemare, e anche se tutti son lì a dirti Dai rimani ancora un po', ancora un altro giorno, dai rimani, anche se è gente a cui voglio bene tantissimo, ecco, io son preso da questa cosa che poi ho paura di esagerare e di rovinarla, la cosa bella, e mi metto subito in viaggio. Vado via. Son fatto così.

Scuola elementare di scrittura emiliana (2)

Invece di dire: “c’è il problema” ha detto: “non c’è il problema”. Invece di dire “stiamo perdendo ricchezza per il doppio degli altri” ha detto: “stiamo meglio degli altri”. Invece di dire: “il lavoro, l’occupazione sono il primo problema” ha detto: “l’occupazione non è un problema”. E dicendo tutto questo ha agito di conseguenza, cioè a rovescio.

(Pier Luigi Bersani, dal discorso a San Giovanni dell'11/12/2010)

martedì 7 dicembre 2010

La (casa) romana

Sembra che l'abbiano fatto apposta per i barabbisti – che si muoveranno in forze (carlo dulinizo, Ilke Bab, osvaldo, simone, grushenka e il sottoscritto) in questo ponte della morte di John Lennon per andare a leggere la Resistenza a Motore – sembra che l'abbiano fatto apposta di aprire al pubblico la casa di quello scrittore così amato soprattutto ai tempi dell'internet, amato dall'internet e dalla popolazione tutta. Val la pena di farci una gita.

A tavola con Tiziano Fiorveluti: Risotto "Salome"

Va pronunciato alla tedesca, quel Salome. Il risotto in questione trae spunto dall'ascolto di numerose opere di Richard Strauss, che stanno lì tra il tardo romantico e il novecento impetuoso di sperimentazione e dodecafonia.

Riempite una bella pentola d'acqua appena salata e buttate dentro nell'ordine: un gambo di sedano, una o due carote tagliate a rondelle, una mezza cipolla bianca nella quale avrete infilzato dei chiodi di garofano. Tagliate dei broccoli a pezzetti piccoli e buttateci pure quelli. Mettete a bollire, bollire e bollire. In pratica otterrete un pentolone di brodo vegetale personalizzato.

Filtrate il brodo con il colino e pestate le verdure cotte col mortaio (se siete romantici) oppure nel passaverdure (se amate Ravel) oppure nel coso elettronico (se siete Schoenberghiani). Tenete le verdure, che vi serviranno.

Tagliate a dadini dello speck. L'altra metà della cipolla fatela a fettine e poi fatela soffriggere con olio e burro, mettete anche lo speck. Buttate il riso e fatelo brillare mescolando spessissimo. Aggiungete un goccio di vino bianco, se vi va. Anzi, fatelo.

Quando il riso "brilla" a sufficienza, iniziate a mettere il brodo caldo a mestolate. Tenete il riso "a mollo" sull'orlo dell'affogamento, ma senza esagerare. Quando sta per compattarsi, un'altra mestolata. Quando il riso è quasi cotto (leggete il minutaggio) allora buttate dentro le verdure pestate e poi mantecate aggiungendo burro e formaggio parmigiano grattugiato e mescolando.

Un filo d'olio a crudo nel piatto non guasta, ça va sans dire.

lunedì 6 dicembre 2010

Dialettica (4)

A siora Zanze (xe deboe de suste) dice una vecchia canzone popolare veneziana. E il termine Zanze, declinato al maschile come al femminile, alla bisogna, proprio ricordando quella canzone e quella signora che andava sempre al gabinetto per espletare un bisogno fisiologico, è diventato un modo per definire chi non sta mai fermo un attimo. Ed è ovviamente diventato il soprannome di tanti. Anche di un mio amico, che non sta fermo mai e al bagno pure lui, adesso che ci penso bene, va spesso, dopo la seconda pinta di birra.

(di Mitia Chiarin "fatacarabina")

Dialettica (3)

Per tutti gli italiani la madre del coniuge è la suocera, mentre per i napoletani si biforca, come ogni dilemma cornuto, in socra e gnora.
La gnora è la madre della sposa, denominazione che deriva da “signora”, e i proverbi che la riguardano sono pochi e rispettosi, non avendo l’ardire di sbeffeggiarla. Si consiglia quindi allo sposo di blandire la gnora per risparmiarsi problemi che potrebbero farlo schiatta’ ’ncuorpo e procurargli fastidi intestinali così forti da richiedere, per lenirli, l’uso del clistere, o serviziale, che dir si voglia. In altre parole, Allìsciate ’a gnora e astìpate ’o serviziale.
La socra, invece, la madre dello sposo, sembra meno fortunata visto che ’A socra cu ’a nora ha dda tene’ ’a vorza aperta e ’a vocca nchiusa (la suocera con la nuora deve tenere la borsa aperta e la bocca chiusa), a causa della sua non rara ingerenza negli affari della casa di chi ancora sente come il proprio figlio.
Sconsigliata, in ogni caso, la convivenza tra nuora e suocera, essere spesso infido e velenoso, tanto che ’A vìpara ca muzzecaie a sòcrema murette ’e tuósseco.

(di Francesco Laviano "pensieri spettinati")

domenica 5 dicembre 2010

Cammina cammina

Il 5 dicembre del 2009 ho scritto un post che si chiamava "Alzati e cammina". Dovevo riaprire Barabba, da lungo tempo agonizzante e in attesa che qualcuno staccasse la spina, dovevo riaprirlo perché volevo leggere una cosa per il collettivovoci, che è un posto dove dei blogger leggono i post degli altri blogger, e Mitia, la titolare del progetto, mi diceva che per farlo dovevo avere un blog. Allora ho pensato Oh, io ce l'ho un blog, si chiama Barabba, adesso lo riapro per finta e leggo un pezzo di Sandroni per il collettivovoci.

E poi, invece di staccargli la spina, a Barabba, è andata a finire che gliela abbiamo riattaccata. E da lì son successe talmente tante cose, tra gli ebook, Schegge di Liberazione, Cronache di una sorte annunciata, la Blogfest, l'EAVIcamp, millemila facce conosciute, pacche sulle spalle, bevute e nottate brave, son successe talmente tante cose, e ci siamo rimessi a scrivere quasi quotidianamente, abbiamo aggiunto barabbisti nuovi, abbiam girato l'Italia, e insomma, son successe talmente tante cose che io quel post là per il collettivovoci mi son dimenticato di leggerlo.

Rimedio oggi, a un anno esatto di distanza, che è un una specie di primo compleanno della seconda vita e della resurrezione di Barabba, e ringrazio Mitia e mi scuso con lei per il ritardo. E ringrazio pure Sandroni, perché quel post era suo e tutto quest'anno di barabbate c'è stato anche un po' per colpa sua. Il post di Sandroni si chiama "Dilemma". Lo trovate letto dal sottoscritto sul collettivovoci, qui.

Tanti auguri a noi.

sabato 4 dicembre 2010

Biografie essenziali (97)

Andy Warhol. Andy Warhol. Andy Warhol.
Andy Warhol. Andy Warhol. Andy Warhol.
Andy Warhol. Andy Warhol. Andy Warhol.

venerdì 3 dicembre 2010

L'arte di copiare

Nel novembre 2009, alla Triennale di Milano – nel corso di una giornata spettacolare, con Vinicio Capossela, Massimo Cirri, Annamaria Testa, Paolo Nori e tanti altri – abbiamo lanciato un concorso letterario basato sulla riscrittura di testi letterari. Da allora, e lungo tutto un anno di Letteratura Rinnovabile [...] da Kafka a Conrad, da Cechov a Hugo – con la partecipazione straordinaria di nuovi talenti italiani come Cristiano Cavina o Maurizio Matrone – molti autori sono stati oggetto di riscrittura.
(dalla newsletter della Marcos y Marcos)

Quel concorso il nostro Carlo Dulinizo, barabbista della prima ora, l'ha stravinto, vi ricordate? E il 14 dicembre esce un'antologia dal nome L'arte di copiare - Almanacco di Letteratura Rinnovabile 2010 (foto, racconti, riscritture di un anno rinnovabile, pagine 320, € 15,00). Dentro ci sono anche le Confessioni di un titillatore di iPhone, appunto, il racconto vincitore. Facciamo un applauso in piedi a quel brav'uomo del Dulinizo.

giovedì 2 dicembre 2010

Sarà stata la fatica

Oggi ho ricominciato a correre.
Due mesi che sono stata ferma, adesso che non fumo, quattro chili.
Dai Ilke Bab, fai ciao ciao con la manina alla tua camicetta preferita!, mi ha detto la voce a cui ogni tanto, nei sogni, sparo con un mitra.
Allora oggi ho ricominciato. A correre intendo.

Arrivo in cima al portico di San Luca rossa e boccheggiante. Bevo dalla fontanella, mi siedo su una panchina di fronte al santuario e mentre lotto contro l'asfissia, ecco una nuova apparizione: Patti Smith aiuta Dalida ad arrampicarsi su una grondaia lungo la facciata della chiesa. Una volta salite sul tetto, srotolano insieme uno striscione bianco con su scritto "Oggi non lavoro, oggi non mi vesto, resto nudo e manifesto".
E via urla e applausi finché non ho ripreso fiato, e davanti a me è rimasta solo la nebbia.

Siamo una società orribile (6)

La lepre partì come un fulmine: quasi non si vedeva più, tanto era già lontana. Poi si fermò e, per mostrare il suo disprezzo verso la tartaruga, si sdraiò a fare un sonnellino. La tartaruga intanto camminava con fatica, un passo dopo l'altro...

(Esopo, La lepre e la tartaruga)

Vorrei che non foste così smaniosi di quella potenza che vi gonfia il pene, perché non è la fretta che vi sbatte nell'altra corsia, in curva, sterzando veloci per evitare il frontale, rientrando di colpo senza freccia, allontanandovi come saette, no, non è la fretta, è prepotenza. Maledetto quel popolo che rischia la vita altrui per poi ignorarne lo sguardo incazzato, nello specchietto retrovisore, al primo semaforo, duecento metri dopo.

mercoledì 1 dicembre 2010

Fantasie di un magazziniere: corsi, ricorsi e riflessione

Corso sulla Sicurezza Aziendale: il pericolo è ovunque ma tu non ci puoi fare niente
"...comunque il Sole è stato riconosciuto come entità cancerogena dall'Organizzazione Mondiale della Sanità..."
Corso base di Excell 2007: erotizzazione dei rapporti uomo-macchina
Giulio dice che è una lei, Alessandra che è un lui ma non gli fanno sapere che sono già impegnati
Riflessione:
Mentre voi lettori potete camuffare e fingere di fare il vostro lavoro io, che son su questo pc da 7 minuti, ho già sforato di 5 minuti buoni il tempo minimo necessario per trovare su googlemaps dove saranno le mie prossime consegne in giro per la bassa modenese. Ah, i brividi del proibito...